TECNICHE DECORATIVE

La cera nell’arte: pillole di storia

Rieccomi qua con voi dopo un periodo di assenza durato anche troppo. Spero di riuscire a farmi perdonare con questo nuovissimo articolo, dedicato nuovamente all’arte ma ad un argomento in particolare: la cera d’api…

Vi starete chiedendo “perché proprio lei? Che sarà? Un articolo sulle candele?”. No miei cari, anche se ammetto sarebbe interessante approfondire la storia della loro nascita (fatemelo sapere, nel caso vi incuriosisse).

Oggi, carissimi, analizzeremo questo materiale dal punto di vista del suo uso nelle tecniche pittoriche. Una pratica diffusa fin dall’antichità, che ha visto prevalere un metodo di pittura in particolare, detto ENCAUSTO. Buona lettura!

Prefazione

Come già detto precedentemente, l’uso della cera nelle tecniche pittoriche risale ad epoche antichissime. Ma a quali? Scopriamolo insieme…

La storia della cera, in pillole

La conoscenza dell’uso della cera nell’arte, prima dell’antica Grecia e dell’antica Roma, esisteva già in Egitto alla corte dei grandi faraoni. Ed è proprio qui, infatti, che sono stati ritrovati ritratti (che accompagnavano le mummie) risalenti ai primi secoli dopo Cristo.

Queste opere provengono in particolare dalla zona di Al Fayùm (ora conservati presso il Museo Egizio del Cairo), e sono stati dipinti con una tecnica molto particolare: l’ENCAUSTO.

Questa tecnica la conoscevano poi molto bene anche Greci, Cartaginesi e Romani. Purtroppo non possediamo molti reperti artistici legati a questa affascinante tecnica. Sappiamo, però, tramite fonti classiche che esisteva più di un metodo dell’encausto (creati per soddisfare diverse esigenze).

Encausto su ardesia (tempera a cera). Musa Polimnia, Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca

Gli artisti utilizzavano questa tecnica per dipingere principalmente su muro (picturam inunero o encausticare) e marmo (gànosis). Inoltre, col termine kosmesis si intendeva la capacità di questa tecnica di ravvivare anche la policromia del legno, della terracotta e dell’avorio. Interessante, vero?

Encausto su legno, ritratto da Al Fayùm

Ma veniamo al dunque. Come già vi ho anticipato, molte delle informazioni sono giunte a noi grazie agli scritti di Plinio il Vecchio. Nel suo Naturalis Historia, per esempio, troviamo anche alcune notizie sulla CERA PUNICA: “cera punica fit hoc modo ventilatur sub die saepius cera fulva …“. Insieme a lui, anche il celebre Vitruvio descriverà le tecniche dell’encausto.

Muro decorato ad encausto da Solunto (I secolo a.C.), Museo archeologico nazionale di Palermo (Italia).

Per quanto riguarda l’encausto, sono poche le testimonianze artistiche presenti al giorno d’oggi. Tra i più famosi, oltre a quelle in Egitto (del I secolo d.C.), ci sono le icone del monastero di Santa Caterina al Sinai.

Una delle icone realizzate ad encausto. Ascensione, del monastero di Santa Caterina al Sinai (Egitto).

Poi, nei secoli a venire (e più precisamente, durante il Rinascimento), Leonardo da Vinci sperimentò l’encausto per realizzare la famosa Battaglia di Anghiari (1503-04); a causa di problemi tecnici, però, il dipinto venne rovinato.

E’ importante poi definire anche la cosiddetta CERA PUNICA: una tecnica consistente in un’emulsione di cera d’api trattata con idrato di calcio.

Possiamo infine concludere dicendo che gli artisti utilizzavano la cera anche come vernice per conservare marmi, affreschi e pitture su tavola.

Ed ora, come ultima cosa, scopriamo insieme in cosa consiste la tecnica dell’ENCAUSTO e dell’ENCAUSTICAZIONE.

Encausto: materiali e tecnica

IL TERMINE: deriva dal latino encaustum/encaustica = “mettere a fuoco”/pittura a fuoco.

Nell’antico Egitto, i materiali che si utilizzavano erano:

  • CERA D’API (che viene utilizzato come legante);
  • PIGMENTI MESTICATI (= miscelati e amalgamati);
  • NAFTA.

Consisteva in una pittura con pigmenti mesticati, sciolti nella cera e riscaldati al momento del dipingere. Si mescolavano i pigmenti a caldo, con cera diluita nella nafta. A questo punto, la cera solidificava ed inglobava i granuli di pigmento.

Pittura ad encausto nel laboratorio romano di Vincenzo Requeno (Settecento).

Dall’antica Grecia in poi la tecnica varierà e si dividerà in diverse tipologie. Non si utilizzerà più la nafta, mentre i materiali rimarranno gli stessi con l’aggiunta di nuovi:

  • CERA D’API (legante);
  • PIGMENTI (colori);
  • COLLA DI BUE;
  • CERA PUNICA (cera vergine bollita in acqua di mare);
  • CALCE SPENTA;
  • ACQUA;
  • STRUMENTI: BRACIERE – SUPPORTO – CAUTERIO.
  1. Si mescolavano i pigmenti con colla di bue, cera punica e calce spenta (per sgrassare la colla);
  2. Ottenuta una tempera densa, veniva diluita ulteriormente con acqua;
  3. Una volta asciutta la tempera, la spalmavano con cera punica sciolta con un pochino d’olio;
  4. Si scaldava il supporto, o con il braciere o con il cauterio (strumento in metallo riscaldato), per fare penetrare la cera fino al supporto;
  5. Infine, si lucidava la superficie con un panno tiepido.

E’ importante ricordare anche uno dei maestri della tecnica dell’encausto del Novecento, il pittore e restauratore prof. Tito Venturini Papari (del quale possediamo diversi scritti su questa tecnica).

Encausticazione

Si tratta di un processo comune della pittura romana antica, che consisteva nello stendere uno strato di cera finale sul dipinto già realizzato. In questo modo, veniva in qualche modo protetto dagli agenti esterni.

Oggi, per esempio, la cera è utilizzata anche come mordente per applicare foglie d’oro. Possiamo perciò considerarlo un materiale che è stato (ed è tutt’ora) fondamentale nel campo dell’arte. E non solo. Basti pensare all’oreficeria, dove la cera occupa una posizione fondamentale per la realizzazione del gioiello vero e proprio in metallo prezioso. Ma questo sarà un argomento di un prossimo articolo.

Nel caso voleste scoprire qualcosa in più sullo sviluppo di questa tecnica durante i periodi storici, visitate il sito www.morenart.it, oppure visitate la pagina Treccani dedicata.

Spero vi sia piaciuto. Fatemelo sapere sulla mia pagina Facebook . Ci vediamo al prossimo articolo!

Grazie per la vostra presenza!

Bibliografia e Foto: Chimica per l’arte ; Wikipedia ; morenart.it ; Treccani.